Lo “Stato del Sistema Fiscale Italiano”

I tre pilastri su cui fondare un intervento di riforma del sistema fiscale

La stagione di riforme sembra aver ripreso vigore con importanti novità attese nei prossimi mesi. Per quanto riguarda il sistema fiscale, abituati ad effetti annuncio (e annunci ripresi dai commentatori, in barba alla cautela, come se fossero norme già entrate in vigore) vi sono le condizioni per passi concreti in tempi ragionevoli.

Può essere utile, in questo contesto, richiamare l’attenzione su quelli che sono tre pilastri delle “buone” riforme in materia fiscale: riferimento ai criteri di tassazione ottimale, individuazione e monitoraggio dei trend globali per valutarne gli effetti nel tempo, rimozione delle debolezze strutturali, se ve ne sono, che attenuano l’impatto riformatorio.

Innanzitutto, la centralità dei criteri di tassazione ottimale (equità, efficienza, semplicità, sostenibilità e stabilità) come riferimento esplicito e continuo lungo il processo di riforma.

A differenza delle singole norme, quasi inevitabilmente giudicate “giuste” o “sbagliate” in funzione del ruolo nel processo riformatorio, del credo politico e di valutazioni di convenienza (ci guadagno o ci perdo?) i criteri di tassazione ottimale - nelle loro varie declinazioni - non hanno di per sé effetti “giusti” o “sbagliati”. Sono la bussola che consente che un processo riformatore porti ad un risultato di qualità, con benefici per tutti. Sottoporre quindi le varie ipotesi di riforma al vaglio di questi criteri, misurando per quanto possibile l’allineamento con essi, rappresenta un fattore di igiene utile, se non imprescindibile. Alcuni Paesi hanno incorporato stabilmente nei propri processi i criteri di tassazione ottimale e ne danno evidenza pubblica.

In secondo luogo, bisogna tenere conto della rilevanza crescente dei trend globali.

I sistemi fiscali si progettano immaginando un futuro e cercando, attraverso le scelte di policy, di disegnarlo. Ma il futuro non è una pagina bianca. È sempre più influenzato da dinamiche in gran parte fuori dal controllo del singolo legislatore in veste di policy maker. È quindi (più) elevato il rischio che le attese - a partire da quelle di base che riguardano il gettito futuro - non trovino riscontro puntuale nei dati consuntivi. Molti dei fenomeni che influenzano le ipotesi di gettito sono legate a dinamiche di lungo periodo; si pensi alle dinamiche demografiche e ai flussi migratori, ma anche alle politiche industriali globali in materia di transizione energetica. Appartengono a questa categoria (quella dei “megatrends”) fenomeni quali il cambiamento climatico, la disruption tecnologica, i movimenti demografici, l’affermazione sul piano geopolitico di un mondo multinodale e, da ultimo, la crescente instabilità sociale. Identificare e monitorare i trend globali ed il loro impatto sul Paese equivale a scoccare la freccia delle riforme fiscali mirando là dove il bersaglio sarà quando la freccia lo deve colpire, e non dove si trova ora.

In terzo e ultimo luogo, i Paesi devono lavorare per rimuovere le debolezze strutturali che attenuano l’efficacia delle scelte di policy.

Alcune di queste debolezze, che costituiscono altrettanti vincoli al pieno dispiegarsi di una stagione di riforme, sono naturalmente impattate (in positivo) da un corretto riferimento ai criteri di tassazione ottimale. Per fare un esempio, un sistema fiscale che vira verso la semplificazione di regola registra una riduzione del tax gap. Altre debolezze di natura strutturale impongono invece, per essere attenuate, riforme specifiche, si pensi ad esempio all’articolazione della macchina amministrativa. Se consideriamo l’Italia, il livello di evasione fiscale (tax gap), la ridotta facilità nel fare impresa (quale emerge da tutte le analisi “doing business” che misurano la competitività del Paese collegata a questa dimensione), la bassa produttività e i divari regionali nonché – da ultimo – la ridotta agilità della macchina pubblica, e profonde differenze nel livello di prestazione sul territorio, sono le più importanti debolezze strutturali su cui intervenire, al fine di evitare che lo sforzo riformatore, in ipotesi adeguato, partorisca il classico topolino.

Questi, quindi, i tre pilastri su cui, a nostro giudizio, va costruito (e giudicato) un percorso consapevole di riforma del sistema fiscale italiano: i criteri di tassazione ottimale assunti esplicitamente a bussola del cambiamento, monitoraggio dei trend globali per fattorizzarne l’impatto atteso, contestuale avvio, quanto più rapido possibile, del processo di rimozione delle principali aree di debolezza strutturale del Paese, sapendo quanto quest’ultimo punto richiede tempo e muove dall’area della policy fiscale per toccare ambiti di policy più ampi.

Chi ha a cuore la competitività e l’attrattività del sistema Italia, nelle vesti di legislatore, amministratore, professionista o semplice cittadino, dovrebbe sentire la responsabilità di partecipare al dibattito senza ideologie e posizioni prestabilite, con spirito costruttivo, guidati tutti dalla decisiva consapevolezza che è in atto una sfida tra sistemi regionali e, all’interno dei sistemi regionali, di sistemi Paese il cui esito sperabile, ma non scontato, è una maggiore prosperità globale.

In questa competizione, che vedrà economie “più” vincenti di altre, la fiscalità resterà una leva di competitività e attrattività la cui rilevanza sarebbe un grave errore sottovalutare.

 

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Fabrizio Acerbis

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